giovedì, Novembre 21, 2024
CroaziaNotizie

Altro giro altra giostra, Irene racconta il suo SVE in Croazia – report e foto

Partita il 1° ottobre 2018 per Šibenik, Croaziafoto_Sito
Nome: Irene
Periodo SVE: 1 ottobre 2018 – 31 maggio 2019 (8 mesi)
Paese di accoglienza: Croazia
Ente di accoglienza: PIC no:  947590673
Organizzazione: Udruga mladih ”Mladi u Europskoj uniji”

Irene è partita il 1° di ottobre 2018 per Šibenik, Croazia, la stessa associazione che ha accolto anche Francesco.
Irene parteciperà al lavoro quotidiano dell’ufficio e assisterà i dipendenti nella varie attività. In particolare porterà avanti attività quali:  traduzione in inglese degli articoli pubblicati sul sito dell’organizzazione, redazione di articoli sul volontariato e sulle opportunità di mobilità europea,assistenza all’organizzazione nelle sue attività (workshop,seminari, conferenze),diffusione dei valori europei all’interno della comunità locale attraverso la realizzazione di info-desk sulla mobilità europea e sul volontariato nelle scuole e all’università, supporto nei partenariati Erasmus+ con le altre organizzazioni internazionali, supporto nei compiti amministrativi dell’associazione. Infine avrà la possibilità di scrivere progetti Erasmus+ e/o proporre workshop e idee in linea con i principi e i valori dell’associazione.
Irene svolgerà il suo progetto di volontariato assieme a Rossella.

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Report I – ottobre 2018  – scritto assieme a Rossella

Prima di diventare volontaria non avevo idea di cosa fosse esattamente il volontariato, ma mi ero fatta un’opinione grazie ai punti Eurodesk che illustravano le varie possibilità che l’Unione Europea aveva in serbo per i giovani. C’era una vasta gamma di scelta, che andava dai progetti di youth exchange, di scambio per imprenditori, tirocini in aziende, fino ad arrivare ai corsi di formazione. L’idea alla base di questi progetti è quella di formare l’individuo come cittadino europeo, il quale, sentendosi parte di una comunità, si muove per la sua tutela e conservazione. Per questo motivo vengono incentivate propensioni e attitudini personali che trovano spazio di esprimersi nei progetti strutturati dall’ UE. Questi progetti toccano vari settori. Nel caso del volontariato non bisogna aspettarsi esclusivamente collaborazioni manuali, ma esiste anche la possibilità di lavori in ufficio come ad esempio occuparsi dell’amministrazione di un centro per senzatetto in Irlanda. Se invece il vostro interesse verte sulla comunicazione, potreste trovare progetti di supporto ad una radio locale che necessita nuove idee per affermarsi e diffondere la cultura in loco. O ancora, amate l’arte o la scienza? Esistono anche in questo caso borse di studio nella ricerca. I topic sono infiniti, così come I canali attraverso I quali passano. Ma come funziona l’intera filiera? All’apice sta L’UE che approva e finanzia i progetti nominando Agenzie Nazionali che hanno il ruolo di supervisori. Infine l’intervento di mediatori quali le reti Eurodesk è fondamentale per diffondere le notizie.
Spesso per i giovani non è immediata la strada da intraprendere e non è quindi semplice costruire una propria identità senza gli strumenti adatti. Non sapendo che direzione seguire si va a tentativi, che risultano alle volte fallimentari perchè non si è centrato il punto. I centri Eurodesk non vogliono dare una spinta obbligata ma offrire una panoramica al giovane per esprimere al meglio le sue potenzialità. Ogni anno nel mese di ottobre vengono organizzate delle giornate dedicate all’incontro con queste realtà, poichè il modo migliore per farsi conoscere è parlare con le persone.
Spesso per i giovani non è immediata la strada da intraprendere e non è quindi semplice costruire una propria identità senza gli strumenti adatti. Non sapendo che direzione seguire si va a tentativi, che risultano alle volte fallimentari perché non si è centrato il punto. I centri Europe Direct non vogliono dare una spinta obbligata, ma offrire una panoramica al giovane per esprimere al meglio le sue potenzialità. Ed è insieme a Eurodesk, un’organizzazione non a scopo di lucro composta da un gruppo di esperti che lavora per fornire informazioni ai giovani interessati a programmi sulla mobilità, che la nostra organizzazione promuove possibilità di rete e progetti mirati a incoraggiare la mobilità giovanile in tutta Europa. Quest’anno, proprio nel mese di ottobre, lavoriamo in partenariato con Europe Direct – Eurodesk – Comune di Trieste per la campagna “Time to Move”. Si tratta di giornate dedicate all’incontro di queste realtà, poiché il modo migliore per farsi conoscere è parlare con le persone. Nello specifico la campagna include eventi e attività intese a informare i giovani sulle diverse opportunità di mobilità disponibili in Europa e offerte dal programma Erasmus+. Il volontariato è uno dei progetti all’interno del programma che permette a giovani europei di età compresa tra 18 e 30 anni di partire verso uno dei paesi del vecchio continente ed è molto diverso da qualsiasi altro progetto promosso: ci si sposta verso un paese europeo per aderire a un’organizzazione offrendo un contributo effettivo attraverso la realizzazione di progetti e workshop che rispondono a esigenze della realtà conciliando competenze, conoscenze e abilità pregresse o da acquisire in loco. Prima di diventare volontari non si ha un’idea esatta di cosa sia effettivamente il volontariato, ma ci si forma un’opinione grazie ai punti Eurodesk che illustrano le varie possibilità che L’Unione Europea ha in serbo per I giovani. C’è una vasta gamma di scelta, che va dai progetti di youth exchange, di scambio per imprenditori, tirocini in aziende, fino ad arrivare a corsi di formazione. L’idea alla base di questi progetti è quella di formare l’individuo come cittadino europeo, il quale, sentendosi parte di una comunità, si muove per la sua tutela e conservazione. Per questo motivo vengono incentivate propensioni e attitudini personali che trovano spazio di esprimersi nei progetti strutturati dall’ UE. Questi progetti toccano vari settori. Nel caso del volontariato non bisogna aspettarsi esclusivamente collaborazioni manuali, ma esiste anche la possibilità di lavori in ufficio come ad esempio occuparsi dell’amministrazione di un centro per senzatetto in Irlanda. Se invece l’interesse verte sulla comunicazione, si possono trovare progetti di supporto ad una radio locale che necessita nuove idee per affermarsi e diffondere la cultura in loco. O ancora, amate l’arte o la scienza? Esistono anche in questo caso borse di studio nella ricerca. I topic sono infiniti, così come I canali attraverso I quali passano. Ma come funziona l’intera filiera? All’apice sta L’UE che approva e finanzia i progetti nominando Agenzie Nazionali che hanno il ruolo di supervisori. Infine l’intervento di mediatori quali le reti Eurodesk è fondamentale per diffondere le notizie. Candidarsi è facile: la piattaforma dei corpi europei di solidarietà è ben strutturata, facilmente accessibile e fruibile: basta solo navigare il sito, creare un account e allegare il cv in inglese. Una volta compilata la sezione relativa a istruzione e lavoro e quella relativa alle informazioni personali è possibile scegliere l’area del progetto in cui si vorrebbe partecipare, in modo da rendere la fase di ricerca molto più rapida e agevole, consentendo alle associazioni che lavorano nell’area di trovare i candidati ideali con un profilo adeguato. Nella pagina di ricerca c’è una mappa che consente di vedere in quali paesi sono già stati accettati dei programmi di volontariato e per i quali ci si può candidare. Immediatamente in basso si può scorrere la lista delle organizzazioni con nome del progetto e paese di destinazione. Quando si clicca su una di quelle voci si apre la pagina relativa con descrizione, condizioni del profilo ideale e se interessati basta cliccare sul tasto per inoltrare la candidatura. Quando si preme il tasto, il proprio cv viene inviato all’organizzazione. In alcuni casi chi si candida per alcuni progetti viene contattato da organizzazioni quasi subito. Per questo progetto qui a Sibenik l’associazione ha optato per due strategie: una di noi è stata selezionata dopo aver applicato perché il profilo rispondeva alle aspettative dell’organizzazione, mentre l’altra volontaria è stata contattata tramite i filtri inseriti nel database. Il processo di selezione può durare due settimane o anche meno, a seconda delle candidature pervenute all’organizzazione. Nel nostro caso siamo state fortunate perché selezionate per il progetto che ci interessava e che si occupa attivamente di diffondere informazioni sulla mobilità europea nel tentativo di portare i giovani insieme e uniti nella diversità.

Report II – novembre 2018
Ricordo che stavo seduta ad un bar quando lui mi chiamò: «Ciao Irene, sono Francesco, volevo solo dirti che ti abbiamo selezionato per il progetto…sei ancora interessata?» Si trattava del coordinatore di una ONG croata che si occupava di mobilità europea. Attraverso il portale Corpo Europeo di Solidarietà stavano cercando dei volontari interessati a supportare le attività promosse dall’Unione Europea a favore dei giovani. Il progetto sembrava interessante, la località pure e quella voce al telefono suonava così rassicurante che questi fattori, uniti al fatto che mi sentivo motivata ad imparare una nuova lingua e ad entrare nel mondo del volontariato, mi convinsero ad accettare. Ora sono qui che faccio il punto della situazione, cercando di trasmettere ciò che ho provato in due settimane, a cominciare dalla pace raggiunta nella riserva naturale di Plitvice fino ad arrivare ad un senso di smarrimento legato al contesto linguistico.

La prima impressione che ho avuto delle città è stata più che positiva: strade acciottolate sulle quali si rifletteva la luce del sole, giardini curati e lunghe passeggiate sul mare. Ma se Zadar mi è parso un centro vivace per la sua dimensione universitaria, Sibenik è tutt’altro. E’ un borgo appoggiato dolcemente sulle colline dalle quali svettano quattro fortezze. Di Sibenik ti colpisce il biancore delle scalinate e delle chiese, le placide acque, gli angoli bui che improvvisamente danno ad affacci sul mare. E’ una città che comunica più con i silenzi che con le parole.

Si può dire che io mi senta a mio agio e la dice lunga l’appetito che mi assale quando le strade profumano di pane. Completano il quadro le persone che mi circondano: sia i ragazzi dell’associazione che i volontari conosciuti durante il training ci sostengono e sono disponibili per qualunque bisogno di noi volontarie. Certo, non posso dire che non manchino le diatribe su come organizzare il tempo e il lavoro, ma questo è dovuto al fatto che proveniamo da realtà geografiche, linguistiche e culturali diverse. Il training è servito proprio a questo, a misurarci tra di noi confrontando idee e punti di vista per trovare una soluzione o arginare un problema, spesso con dei limiti di tempo e di materiale. L’attività che ho trovato più interessante -e qui devo complimentarmi per la genialità dei trainers- è stata costruire un giaciglio per un uovo, servendoci solo di scoatch, fogli di carta, palloncini e cannucce. C’era chi, posseduto da uno spirito ingegneristico, costruiva delle diavolerie tanto belle quanto fragili, altri invece come noi si limitavano a rendere il nido semplice ma funzionale. L’obiettivo del gioco era infatti trovare un modo per permettere all’uovo di salvarsi una volta lanciato dal secondo piano. La nostra zattera risultò esteticamente la meno presentabile, ma funzionò. Motivati dal raggiungimento dello stesso obiettivo abbiamo unito le nostre idee, creando qualcosa di unico e al contempo realizzabile.

Questo ha dimostrato come l’impensabile sia raggiungibile grazie all’unione delle parti. Ovviamente non sto a dirvi se l’uovo sia sopravvissuto o meno alla botta

Report III – dicembre 2018
Like a Maggese
Se ottobre è stato il mese del rinnovo d’abito, da veste di cameriera a quella di volontaria, novembre si presenta più come un mese di pausa. È il mio personale periodo di maggese e dunque ogni cosa procede a rilento; non attecchisce niente di nuovo ma si rafforzano i rapporti, le abitudini, i ritmi quotidiani e, ad eccezione del viaggio in Slovenia, che a guidare sembrava non arrivassimo mai, con le mani gelate e “La Gianna” alle calcagna, poco ci è capitato. La Slovenia ci ha riempito gli occhi con i suoi boschi selvaggi e i suoi castelli, ma se gli occhi hanno fatto la loro parte lo stomaco reclamava la sua. A rigenerarci dal freddo intenso è stato un amaro locale contenente miele e peperoncino che vendevano pressoché ovunque e che aveva la proprietà di lasciarci la bocca in fiamme. Anche dormire in ostello è stata un’esperienza: in vita mia non ho mai sentito russare così a lungo e sonoramente, tanto che le foto della mattina successiva la raccontano lunga: grandi sorrisi, imponenti occhiaie. Dopodiché la nostra casa a Sibenik si è svuotata di rumori per un paio di giorni. Potevi percepire l’assenza di Rossella attraverso il silenzio: non più pentole sbatacchianti la mattina o rumore di piedi che inciampano in corridoio, niente musica trash o bollitori accesi, solo lo scrosciare della pioggia e lo scuotersi dei panni stesi. Ho dedicato quelle giornate allo studio dell’inglese (attraverso film e libri), alla stesura di report per partecipare ad alcuni contest e infine ho buttato giù qualche idea per una raccolta di libri di cui si sarebbe occupato il mio supervisor. Tornata Rossella il respiro della casa ha ripreso vita e con essa gli amici a cena, qualche sporadico shopping e il corso di croato. Per alcuni giorni abbiamo ospitato un gattino randagio che aveva nome “Malo Krumpir” (piccola patata in croato), ma il suo tempismo non è stato perfetto, essendo conciliato con l’arrivo di alcuni amici volontari, nostri ospiti durante il ponte dei morti. La bestiola, che non si dava pace durante la notte, creava scompiglio tra i ragazzi che non riuscivano a chiudere occhio, ed è stato solo quando hanno appreso la notizia della sua prossima adozione che hanno tirato un sospiro di sollievo. Da allora quando sentiamo un miagolio sul ciglio della porta ci coglie come uno strano fremito.

Qualcosa bolle in pentola
Da quando ho memoria i miei coinquilini hanno sempre detestato il Natale. Li sentivo lamentarsi per i corridoi: “Hai visto che hanno chiuso via del ***? E tutto questo per i mercatini di Natale! La gente impazzisce per le luci e i regali, quando si tratta solo di una trovata commerciale”. Dite quello che volete ma io trovo che sia la festa più bella dell’anno. Addirittura mi preparavo da mesi al suo avvento e quella sensazione di attesa era forse la parte che preferivo. Non è forse vero che l’attesa del piacere è essa stessa piacere? In associazione l’unico ad entusiasmarsi almeno quanto me era Matej, che non solo aveva posizionato piccole decorazioni nel suo ufficio, ma anche creato l’atmosfera giusta grazie alle canzoni natalizie di Michael Bublè. Lo spirito natalizio non si era impossessato dei nostri colleghi come avevamo sperato, che anzi hanno accolto le nostre richieste con un “dobbiamo davvero?” ma questo non ha certo smorzato la nostra gioia e neanche frenato i nostri propositi. Dal canto mio mi sono dilettata a livello artistico, ma devo fare una premessa: non sono mai stata produttiva da questo punto di vista, cioè ho tante idee, adoro l’arte, ma non sono in grado di far fare alle mie mani ciò che la mia mente ha in serbo. Per cui è scontato dirvi che risultato ho ottenuto costruendo un albero di carta. L’idea era buona, l’impianto pure, ma solamente a metà opera mi sono resa conto di quanto poco materiale avessi a disposizione per costruirlo e che inoltre il baricentro fosse “leggermente” pendente da un lato. “Cos’è? La torre di Pisa in versione mini?”. “E’ un albero”. A quel punto è calato un silenzio a metà imbarazzato e divertito. Più o meno la stessa cosa è accaduta nel tentativo di realizzare un disegno ad acquerelli che aveva come topic centrale l’acqua come bene da preservare. Ebbene, nella mia mente era chiaro quello che volevo rappresentare: una cascata (simbolo dei parchi nazionali croati) che anziché sfociare libera veniva raccolta da un imbuto e destinata alla vendita negli ex distributori di benzina. Una macchina si avvicinava al distributore e ne faceva uso, mentre il mondo al di sotto di essa si presentava secco e prosciugato. La mia voleva essere una denuncia al consumismo che, nella sua corsa sfrenata al potere, finiva per esaurire tutte le risorse terrene fino ad arrivare all’ultimo bene essenziale: l’acqua.

In casa abbiamo continuato a sperimentare pietanze: torte al cocco, risotti ai funghi, vellutate di zucca, zuppe e minestroni, sandwich all’italiana, carbonare improvvisate, pasta ai broccoli, frittate di zucchine e chi più ne ha più ne metta. Il menu è vario e cambia a seconda del giorno. Ma noi siamo originali, non ci ripetiamo mai

Report IV gennaio 2019
Mare in tempesta
Ha piovuto per giorni e c’è la bora. Ti dici che è normale perché è inverno e ti trovi in Croazia. I negozi chiudono per buona parte del weekend ed il centro commerciale è parecchio distante dal centro e poi, vallo a raggiungere con sta pioggia e sto vento. D’altronde anche la gita a Omis che ti eri organizzata è saltata, causa maltempo, così come quella a Rijeka per la mostra. Sei andata a correre per alcuni giorni per riprendere la linea, ma poi hai dovuto smettere per evitare che il vento ti portasse via. Ti ripeti che è tutto normale, che non te la puoi prendere con nessuno se sei troppo pigra per iscriverti in palestra, se la sera anziché studiare croato o inglese ti metti a cucinare o ti leggi un libro. Non te la puoi prendere né con il tuo coordinatore, il quale ti aveva avvisato del letargo a cui va incontro la città in questi mesi, nè con le compagnie aeree, le quali non operano scali in tutta la Croazia fino ad Aprile e neanche con quel poveraccio della stazione che ti spara un prezzo folle per raggiungere la Germania in nientepopodimeno che 21 ore. Certo, il workshop di croato ti sta dando alcune soddisfazioni e inoltre necessita il suo tempo per la scelta e la preparazione del materiale. Con cura selezioni gli argomenti e con cura ti applichi perché imparino e si divertano e nel farlo ti rendi conto di quanto sia difficile insegnare. Ti metti nei panni di Sanja, la tua mentore, quando tenta di spiegarti termini e concetti croati in una lingua che non è la sua, l’inglese. Ti accorgi che ti piace sia perché hai uno spazio solo tuo da gestire e sia perché insegnare la tua lingua è come ricreare un ambiente familiare, accorciando le distanze con il tuo Paese d’origine. A proposito di ciò mi sono resa conto di un aspetto che davo per scontato e che invece ora ho rivalutato, avente a che fare con il linguaggio del cuore e quello della mente, per dirla banalmente. Intendo dire che, se prima pensavo che due popoli parlanti la stessa lingua avrebbero fatto sicuramente meno fatica a comprendersi rispetto ad altri due completamente diversi tra loro, ora invece credo che se due individui di diverso Paese, con caratteristiche proprie di quella nazione si incontrassero, non è detto che si capiscano meno e ciò dipende non dal modo di vedere le cose, ma di percepirle. Può darsi anche che questo mio pensiero si fermi qui e ora a questo scritto e che tra due mesi ricambi idea, ma è attualmente una rivelazione per me.

Comunque in Sardegna si dice: “fare alla maniera di Bosa”, ossia che quando piove si tira fuori l’ombrello. Questa espressione è usata per intendere che a tutto c’è una soluzione, per la pioggia c’è un rimedio, così come per altre catastrofi. Nel mio caso, per usare una metafora (visto che con i detti non sono brava, direbbe Rossella) ho la casa zuppa d’acqua e sto mettendo bacinelle e secchi in ogni angolo, per cercare di arginare dove meglio posso.

Talvolta succede qualcosa che movimenta la mia giornata o mi fa raggiungere la giusta calma, necessaria a riprendere quota. Una risata sincera, un gesto premuroso di qualcuno dell’associazione (si prodigano per noi continuamente), un veliki macchiato, sono tutti piccoli aspetti che mi cambiano l’umore.

La cosa importante è trovare un modo, un luogo, una persona che raccolga il tuo malumore. Una confort zone nella sconfort zone.

Report V febbraio 2019
Altro giro altra giostra
Un giorno indefinito del mese di Febbraio è venuta a mancare l’acqua. Proprio letteralmente. Tra le due, in casa, è stata Rossella a subire il duro colpo. Non ci voleva credere e non riusciva a capacitarsi di come avrebbe potuto fare a lavarsi, cosa che mi sorprese dato che era sempre stata lei la mia controparte, quella più “wild”. Io invece ho accusato meno il colpo perché abituata a lavarmi negli aeroporti e così mi sono portata l’occorrente in ufficio e ho iniziato la mia routine da lì. Il rumore dell’acqua che scorreva ha incuriosito Jaqueline che si è affacciata per capire chi mai avesse lasciato il rubinetto aperto. In quel frangente mi stavo lavanti i denti e poiché era allarmata non me la sono sentita di non rispondere alle sue domande, anche con la bocca piena di dentifricio. “Perché ti stai lavando qui? Che è successo?” “Niente di grave”. Cose che succedono, insomma. Non erano trascorsi neanche cinque minuti che la testa di Marco ha fatto capolino dalla porta, incuriosito dalle voci nel corridoio. Nel frattempo avevo cambiato parte del corpo ed è stato così che mi ha trovato: con un’ascella sollevata a mò d’ala di gabbiano. Senza dire una parola se n’è andato sghignazzando. Ora, l’ufficio è composto da 11 persone. Se fossi rimasta ancora in quel bagno per altri cinque minuti avrei potuto scommettere che me li sarei trovata tutti laggiù. Per evitare questo me ne sono andata in ufficio, pensando che la cosa finisse lì. Passati altri cinque minuti, la porta si è aperta ed è entrato Francesco: “Ma cos’hai detto a Jaquelin? Pensava che vi avessimo lasciate chissà quanti giorni senz’acqua”. Questo episodio è fondamentale per far capire al lettore quanto un’associazione come questa si prenda cura degli altri. Certo, come direbbe Francesco questa è un’oasi felice e noi siamo capitate nel posto giusto al momento giusto. Se fuori imperversa la Bora e diluvia, Ivan E Nicolina ti danno uno strappo. Se il dente del giudizio ti fa un male cane e necessiti di un dottore, Matej ti ci accompagna. Per non parlare dei pranzi: “..Dovete provare questo…ah, ti piace il Goulash? Allora domani ve lo preparo….assaggia questa torta Irene, l’ha fatta Josip…per San Valentino state da me che vi preparo la Mlinzi…”. Per non parlare dei regali: “Vi ho portato una cosa. Questo viene da … e quest’altro…”. Si scherza molto, si ride molto e più o meno le giornate iniziano tutte con me che non mi voglio alzare e con Rossella che mi convince a mettere i piedi fuori dal letto. Arriviamo tardi in associazione e salutiamo, ci dirigiamo nell’ufficio nuovo per riprendere da dove abbiamo lasciato, ma non prima di aver consultato la posta o letto l’oroscopo di Bresni. “Vuoi sentire che dice l’oroscopo oggi? Se dico SI mi risponde con un “e non dirlo con troppa convinzione”, mentre il NO equivale a un “allora te lo dico lo stesso”. Poi, finalmente, riprendiamo da dove abbiamo lasciato ossia dallo scrivere un articolo da mettere sul blog, preparare la lezione di italiano, scrivere un progetto, tradurre un articolo, scrivere un report, lavorare su una presentazione. Dopo un’oretta Marco ci propone un caffè alla sua maniera: “bambineee, andiamo andiamo”. Lo riconosco dal rumore dei passi e dalla leggera esitazione della mano sul pomo della porta. A dire il vero riconosco tutti i loro passi e non perché sia matta da legare, ma perché oramai è diventata una routine. A turno vengono da noi per scambiare due chiacchiere o per chiedere un consiglio, cosa che all’inizio mi disturbava un poco, ma che poi ho accettato benvolentieri.

Per allontanare il cattivo umore di gennaio mi sono presa un giorno per visitare Belgrado. Ho viaggiato di notte e sono arrivata alle 7 del mattino, spendendo ottanta euro andata e ritorno. Non mi aspettavo fosse una città così bella e viva, tanto che la sera il centro storico è quasi impraticabile, nonostante i “boulevard” siano belli larghi e zeppi di negozi. Dico Boulevard perché la sensazione che ho avuto è stata quella di trovarmi nella Parigi dell’est, sia per l’architettura dei palazzi che per una ricerca della moda parigina. Lo stesso museo nazionale conserva una collezione vasta di opere francesi ed è abbastanza trasparente il tentativo da parte dei pittori serbi di imitare gli antichi maestri dell’ovest. Tramite la guida del free walking tour e qualche sporadico incontro sono venuta a conoscenza di questioni non solo storiche, culturali e sociali, ma anche politiche. Sembrerebbe che il malcontento sia generale e diffuso e i motivi molteplici: tasse, operai sottopagati, costruzione di palazzi moderni ma non a norma, sparizione di bambini negli ospedali, nuovi desaparecidos, nessuna libertà di stampa e pensiero, corruzione ovunque. Eppure, vedendo tutti quei negozi e tutta quella gente nei ristoranti, con i bambini e i cani al guinzaglio al seguito, non avrei mai pensato ad uno stato di sofferenza tale. Certamente tre giorni bastano per farsi un’idea e per cogliere l’atmosfera del luogo, ma non per averne una conoscenza a tutto tondo. La mattina stessa che sono tornata altre valigie erano pronte e un altro autobus ci aspettava, questa volta per terminare la formazione sul volontariato e per parlare delle possibilità future all’EVS. A differenza del training iniziale questa volta mi sono sentita di partecipare più attivamente e non so dire perché ma sono arrivata a Spalato con una nuova leggerezza dell’essere e una nuova consapevolezza: quella di star finendo questo percorso. Forse è questo il motivo che mi ha spinto ad essere quanto più me stessa senza preoccuparmi di quello che pensavano gli altri. Mi sono divertita. Ho ritrovato la Sardegna attraverso le parole di un mio “compatriota”, volontario anche lui come me. Ho scambiato racconti di vita e racconti di viaggio e ho installato l’amaca nel nostro dormitorio. Era tempo di una svolta.