giovedì, Novembre 21, 2024
BelgioEsperienze

Alessandra – BELGIO – Bruxelles (luglio 2009 – luglio 2010)

nome: Alessandra età: 29
studi: laureata in Scienze dalla comunicazione  
lingue: francese, inglese, spagnolo, arabo
primo contatto con l’Eu Direct: dicembre 2008
partenza: luglio 2009

La nostra giovane volontaria ha preso proprio ieri il volo per la multietnica Bruxelles dove l’associazione Centrum West (un centro giovanile in un rione un po’ problematico) la ospiterà per 12 mesi.
Alessandra è stata proprio fortunata, dal primo contatto con il nostro ufficio ha dovuto aspettare solo 7 mesi prima di partire.
Presto potrete leggere il suo primo report e magari vedere qualche foto.
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I Report
L’arrivo nella capitale è sempre emozionante, ho gli occhi che brillano e un sorriso che si manifesta spontaneamente sul mio volto non appena riconosco alcuni punti di riferimento della Città: il palazzo di giustizia, la forêt de Soignes che segue il periplo della Ville, la Gare du Midi, anzi Zuidstation, ora devo abituarmi ad esprimermi in Olandese.
I primi giorni scorrono quasi interminabili, la Città è vuota, gli abitanti sono probabilmente in qualche località di villeggiatura e io sistemo la mia camera e mi riposo prima del grande inizio.
E così il grande inizio fu: per un mese sono stata letteralmente inglobata in una realtà altra, molto umana, fatta di persone nuove che ora, mentre scrivo, mi sembra già di conoscere da sempre, fatta di bambini e ragazzi che suonano e si divertono, i ragazzi di Molenbeek.
Molenbeek è uno dei quartieri della Città con più problemi. Siamo nel piccolo Paese cuscinetto, da sempre attraversato da popolazioni straniere, ora meta di lobbisti e deputati, ma sempre comunque terra di scambi e d’incontri, eppure anche qui in un grande quartiere neanche troppo periferico della Città esiste una realtà più povera, più problematica ma per questo stimolante. Questa realtà si chiama Molenbeek, inizia dopo il canale, linea di confine tra i due mondi, segue le diramazioni di Chaussé de Gand e in una di queste viuzze popolate di veli e di piedi nudi si trova Centrumwest, il centro ricreativo presso cui mi presento puntuale lunedì mattina.
E qui parte la tournéé di Fnanfakids, la fanfara di bambini e ragazzi che da tre anni si esibisce nel Paese e anche all’estero, una banda di dieci elementi, i tamburi parlanti che cercano radici nei ritmi dei propri paesi d’origine.
Daniel, Jalel, Yamina, Nafissa, Assia, Othman, Soulimane, Naofel, Simon e poi Brandon, Tanya, Hana hanno girato per le Fiandre quest’estate, portando colore e suoni sui marciapiedi di Niewpoort, Koksijde, Ghent, Brogeloon e poi ancora in Città. Ci spostavamo con un vecchio e scassato furgoncino Mercedes e poi un altro più nuovo a nove posti, con macchine di volontari che si sono mostrati disponibili alla Causa.
Tutto questo è l’inizio, anche se assomiglia di più alla fine, poiché coincide con la fine di un percorso, come quello che sta per iniziare ora, domani o forse lunedì prossimo, in questo mese di settembre, grigio come il cielo, la sabbia e il colore dell’acqua del Mare del Nord.

II Report gennaio 2010
Ricomincia il lavoro. Saluti, sorrisi, abbracci, rivedo Bart dopo un mese (ché lui era in ferie), tutto è frenetico. Percussioni dai 6 agli 8 anni, atelier problematico. Da martedì prossimo introduco un gioco, altrimenti la classe che è già dimezzata, non verrà più del tutto. Vedremo.
Poi le giornate si susseguono, ieri la befana, al lavoro abbiamo aperto la “galette des rois”, il dolce in cui ognuno prende una fetta e se trovi la sorpresa, sei tu il re. E io ero la regina! Me lo merito visto che sono andata a lavorare quando in Italia è festa, no?
Poi riunioni, e circo tanto circo. Bello. Fatto bene, i ragazzi lavorano bene.
Brandon.
Lui è uno dei ragazzini per i quali il mio cuore si è perso per strada. Strafottente e maleducato, ho sentito da subito una bontà d’animo forte, una sincerità e una voglia di essere bambino. Voglio che venga in Italia. Da subito ho voluto che venisse.
Ieri sono andata a parlare con la mamma. La casa è fatiscente, i muri avranno uno strato sottile di cemento che li tiene insieme? non lo so. Casa spoglia di qualunque fronzolo, una casa che sembra un rifugio di guerra. A casa parlano macedone…non capisco una cippa. E io comunico in francese per riempire un modulo in fiammingo.. e sì, Brandon è riuscito in tre mesi a pagare 25€ per fare il nostro atelier di circo.. è la cosa più importante che ha..
per venire in Italia chiediamo 10 euro al giorno ad ogni bambino.. per comprare qualcosa da mangiare, il resto lo paghiamo noi.. la mamma ha paura, non vuole mai che suo figlio stia fuori una notte con noi… ha paura che non mangi. Brandon è magrissimo.
La rassicuro in Italia si mangia bene, tornerà con dei chili in più, signora. Ma noi siamo musulmani. Non si preoccupi, tutti i bimbi che verranno sono musulmani e daremo pesce e formaggio, o al massimo pollo (il vitello è un problema se non è hallal, il maiale non si tira neanche in ballo e mi piange il cuore non poter servire speck e prosciutti e mortadella e ragù, ma vabbè, basta che me lo lascia portare in Italia). Guardi, si esibirà in teatro, sarà una bellissima esperienza, lo lasci venire.
Mah, il marito parlerà con Bart, tra uomini prenderanno le decisioni giuste. E casomai decidesse per il sì, inizierà a pagarmi 10 euro ogni domenica altrimenti 70€ tutto in una volta come può tirarmeli fuori questa signora?
Ma l’apice è stato quando Brandon, mentre mi offriva un duplo, che lui ne aveva due in una confezione e quindi io potevo prenderne uno, mi ha chiesto se in Italia c’era la guerra perché se c’era la guerra lui mica ci voleva venire.
Alle 19 la mia giornata è finita, sono arrivata da Laurent, avevo le lacrime ghiacciate dal freddo sul volto e siamo andati a fare la spesa e a comprare un’altra “galette des rois”, vedremo chi sarà il re stavolta.

III Report febbraio 2010
Non sono sola, accipicchia che bella scoperta!
Due settimane fa ho partecipato al « mid-term evaluation meeting », organizzato per tutti i Volontari Europei che stanno compiendo il loro servizio nelle Fiandre. Non ero riuscita ad essere presente durante il primo incontro a settembre. In quell’occasione i volontari si sono conosciuti e hanno formato un bel gruppetto affiatato. Ciò nonostante, sono stata accolta con calore e anche con una certa curiosità, come una « new entry » che può fornire ulteriori informazioni utili sul Belgio e su Bruxelles.
E’ stato un bell’incontro, tre giorni intensi che mi hanno fatto capire che la mia condizione di volontaria può essere vissuta con un po’ più di leggerezza. Certo, il lavoro, i bambini, i colleghi sono un pensiero costante, ma il coinvolgimento affettivo nei confronti delle persone e anche dello stesso posto di lavoro stava diventando ingombrante e già mi sentivo una collega a pieno titolo dell’équipe di Centrum West. Questo week end intensivo mi ha chiarito le idee: sono e rimango una volontaria e come tale devo vivere questa esperienza. Quando a luglio tutto sarà finito, una nuova avventura inizierà.

IV Report marzo 2010
Tv Brussel
Una settimana che ne vale tre. Tre storie, tre eventi, uno intersecato all’altro: da mercoledì a venerdì il campo dei ragazzi di Centrum West, da venerdì a sabato un’intervista per Tv Brussel, e venerdì Agnese che mi viene a trovare dall’Italia.
Lunedì Laurent è partito per Liegi per due giorni di prove e io mi sono presa il tempo di preparare il campo invernale per i miei ragazzi. Ancora un momento per assemblare tutto il materiale (giochi di società per il tempo libero, fogli, forbici e colori per creare maschere di carnevale, tamburi e materiale circense) e fare gli ultimi acquisti.
Quando lunedì sera ricevo una telefonata. Una giornalista di Tv Brussel mi vuole incontrare. Il prima possibile. Rendez-vous alle 20. No, cambio idea, ho bisogno di una sera vuota, la incontrerò il giorno dopo.
E martedì vola, preparo la valigia, cerco una torcia portatile per i giochi notturni con i ragazzi e incontro Tv Brussel. In 10 secondi racconto la mia vita. Piaccio. Hanno bisogno di me per un programma di mezz’ora che andrà in onda all’ inizio di marzo (in queso link l’intervista http://vimeo.com/9738682). Si tratta di una serie di puntate sugli stranieri a Bruxelles. Li presentano, li intervistano e, infine, con un tocco di reality show per l’audiance, organizzano un incontro con un vero Brussellese che sia in qualche modo affine, per interessi, orientamento politico o religioso, a seconda del tema della puntata. Nel mio caso, si tratta di un volontario brussellese. So solo che si chiama Robi.
A casa preparo la presentazione della mia vita con qualche foto. Dopo una sorta di eccitazione iniziale mi rendo conto della difficoltà dell’impresa: le foto di solito si fanno in vacanza, in montagna e al mare o tutt’al più in momenti di festa, ma la vita è fatta di un quotidiano la cui rappresentazione su carta fotografica non c’interessa. Laurent piomba nel bel mezzo della selezione delle immagini che costruiscono la mia storia. Sono ubriaca di colori e di pensieri. Ci vuole tempo. Non riesco a mettere in fila neanche le parole ormai, sono in stato confusionale.
Ma perché bisogna andare in televisione a sbandierare i fatti propri? Mi giunge alle orecchie questa sola frase di Laurent e mi ridesto davanti ad una birra, 8 ore prima della sveglia che segnerà l’inizio del campo coi ragazzi e decido di non pensarci più.

In un battibaleno mi trovo in un bosco più artificiale che altro. Bello, certo, non potrebbe essere altrimenti, ma non ha niente del selvaggio della natura autentica, quella che si conquista per esempio dopo ore di salita, passo dopo passo, in montagna. Qui sembra piuttosto un Disneyland – bosco, strutturato troppo bene, isolato quanto si deve, ma non manca nulla. Addirittura un ristorante ci apre le porte tre volte al giorno. Alle 8 per la colazione, alle 12 per un lauto pranzo e alle 17,30 per una cena fatta di panini (tartines) inzuppate in un lungo tiepido caffè acquoso.
Si dorme poco, s’inventano i giochi al momento stesso, nulla è premeditato, l’organizzazione del timing è stravolta. Tra educatori che se ne vanno nel bel mezzo del campo e altri su cui non si può contare per nulla, mi scopro una vera animatrice, nonostante il mio cv non sia d’accordo.

E venerdì arriva tv Brussel a riprendermi. Nonostante i giornalisti siano di origine francese, l’intervista sarebbe destinata a svolgersi in inglese (il programma è pensato per un pubblico fatto di stranieri e di fiamminghi). Non è nei miei piani. Innanzitutto, Brussel è per il 95% francofona; in secondo luogo, l’inglese sarà anche lingua franca, ma allora perché non provare in olandese? E così è stato. Per la prima volta dall’inizio di questa trasmissione, le regia si trova con un materiale girato totalmente in olandese, da far naturalmente sottotitolare in un olandese corretto affinché sia comprensibile da tutti. La comunicazione non è la cosa più semplice in questo paese, come ormai appare molto chiaro.
Non ricordo cosa dico, ma l’obiettivo mi diverte, passeggio in mezzo al bosco, mi presto alle idee dei due giornalisti. Le mie ragazzine sono eccitatissime e gli occhi divertiti ed emozionati dei bambini m’intravedono mentre mi allontano con le telecamere per i sentieri fangosi.
Bart, inizialmente entusiasta di poter sfruttare questo mio contatto per avere altro materiale pubblicitario e, di conseguenza, più possibilità di ricevere finanziamenti per i suoi progetti, è ora sospettoso: ma come? Parlano francese? Ma sei sicura che si tratti di Tv Brussel e non di Télé Bruxelles (anche la capitale ha due canali, quello fiammingo e quello francofono)?
Il campo si termina in fretta e in due ore siamo a Bruxelles per presentare il lavoro dei ragazzi con un concerto. Sono quasi rasserenata questa volta dall’arrivo in città. Molto meglio una città che assomiglia ad una città di un bosco che non assomiglia a nulla.

Agnese s’integra perfettamente nello svolgimento delle riprese. Sabato mattina ci troviamo a casa della giornalista a girare la mia presentazione con una decina di foto ben lontane dal rappresentare la mia vita reale (ma per la televisione, invece, funzionano benissimo). Poi, il pomeriggio si riempie velocemente grazie all’incontro con Robi. E’ uno scout (nulla di meglio per Agnese) che organizza attività per un gruppo di ragazzi disabili. In definitiva, mi trovo con molta naturalezza a giocare tra i cespugli di un parco spoglio e trascurato di città e con i colori e i pennelli proprio come ho fatto durante i tre giorni di campo. Solo che qui tutto ha l’aria di essere autentico e ricco di significato.
Ma il fine settimana, mentre la mia gola s’infiamma sempre di più, è pieno di altri incontri, di altre storie. Lo spettacolo di circo e acrobazia della mia coinquilina; la colazione domenica mattina, assieme a tutta la sua famiglia venuta a vederla dalla Francia e con Agnese, che qui, ora, rappresenta la mia di famiglia; e i musei, le nuvole cariche di pioggia e l’immancabile sporcizia di Bruxelles, i bar affumicati, la gola che si gonfia, le chiacchiere attorno a una birra, i discorsi sempre più fumosi attorno alla seconda birra, il bruciore dei miei occhi rossi.

Mi sveglio lunedì mattina, Agnese è partita, fuori piove già e di nuovo, e i bambini dovranno restare un pochino senza di me. Il medico mi aspetta.