giovedì, Novembre 21, 2024
EsperienzeTurchia

Maria Carla volontaria europea ad Ankara, con il suo secondo report ci racconta la sua sperienza

Nome Maria Carla   età: 22MariaClara
studi: iscritta al corso di laurea in Management of innovation
lingue: inglese, francese, russo
primo contatto con l’Eu Direct: febbraio 2015
periodo: ottobre 2015 – settembre 2016

Maria Carla passerà 12 mesi ad Ankara presso l’associazione Çankaya Belediyesi, associazione che porta avanti alcuni centri diurni svolgendo attività culturali e sociali presso la Direzione Sociale. Durante i 12 mesi di SVE Maria Carla terrà incontri presso le scuole al fine di promuovere l’Europa ed il suo paese, parteciperà attivamente alle summer school organizzate dal comune e rivolte ai giovani della città.
Aspettiamo ora il suo primo report.

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Report I – dicembre 2015
Sono passati poco meno di due mesi dalla mia partenza per la capitale turca, Ankara. E chiaramente, dopo due mesi, si iniziano a tirare fuori le prime somme, a guardarsi indietro e districare un po’ la confusione iniziale, l’esaltazione e il pentolone di sentimenti che viene fuori dall’intraprendere un’avventura come questa.
Penso di essere un’anomalia, nel senso che, fin dall’inizio sono riuscita ad ambientarmi facilmente, senza soffrire di nessuno shock del “voglio-tornare-indietro”, “ma-dove-sono-capitata” o “chi-me-l’ha-fatta-fare”. Le ragioni sono tre: primo, il popolo turco è estremamente ospitale e generoso, in quanto a questo non si tratta di superstizione. Secondo, ho sempre preferito dare tempo al tempo, non avere fretta del fare o stare con qualcuno in ogni momento altrimenti “cado-in-depressione-perché-sono-sola”. Ho aspettato a chi stava intorno di conoscermi, mentre io facevo lo stesso con loro, la loro cultura e questa città immensa. Vivendola con rilassatezza è successo che via via, i miei compagni di lavoro prima, e i loro amici o famigliari poi, mi hanno invitato nelle loro case o semplicemente a passare del tempo insieme. Terzo, cerco di non mettere da parte i miei hobby e le mie passioni a cui voglio dedicarmi, seppur vivendo in un paese diverso.
Per quanto riguarda il progetto che mi approccio ad implementare, devo ammettere che, fin dall’inizio non era stato ben delineato, quindi è sempre persistito un velo di dubbio su cosa esattamente mi apprestassi a fare. Inoltre, essendo la prima volontaria, per la mia organizzazione, loro stessi procedono un po’ a tentativi con me. Fino ad oggi mi sono occupata dell’insegnamento della lingua inglese all’interno degli asili nella municipalità di Ankara. Mi occupo di bambini tra i 5 e i 6 anni, e provo, attraverso giochi ed attività, di stimolarli nell’apprendimento di questa nuova lingua. Onestamente, penso, che alla fine dei conti, nessun bambino sarà capace di formulare lunghe frasi o cose del genere in inglese –purtroppo le aspettative dei genitori sono queste-, ma il mio obiettivo è fargli avvertire una simpatia verso questa “materia”, che potrà rivelarsi utile per il loro futuro. Il mio progetto, è la parte della mia vita ad Ankara, che mi procura più magagne e difficoltà, perché attualmente mi trovo a sviluppare un programma e dei metodi di apprendimento per bambini relativamente molto piccoli, con la difficoltà di dover spiegare il tutto in inglese e con un turco più che rarefatto, cosicché, proporre giochi anche molto semplici –ad esempio “un,due,tre stella”- diventa un’impresa. Inoltre, la comunicazione e la cooperazione con le altre insegnanti è molto limitata, in quanto nessuna di loro parla inglese, perciò abbiamo ufficialmente eletto “Google Translator” come interprete ufficiale. Questo, chiaramente, stimola esponenzialmente il mio desiderio di imparare il turco.
Il mio corso di lingua non è ancora iniziato, ma la prossima settimana dovrebbe avviarsi. Dico dovrebbe perché in quanto ad organizzazione, quella turca, si distanzia da quella tedesca o nord-europea, per avvicinarsi piuttosto a quella italiana. Ad esempio, anche la formazione obbligatorio di arrivo, da tenersi generalmente nei primi due mesi del volontario, sarà tardiva.
Posso concludere dicendo che sono mediamente soddisfatta di quella che sto facendo (il che va interpretato positivamente!), perché riesco a distinguere i lati negativi e positivi del mio progetto, perciò su cosa voglio focalizzarmi per migliorare. Per quanto la scelta del Paese in cui mi trovo, soprattutto in vista della situazione politica attuale- le elezioni, l’esplosione ad Ankara pochi giorni dopo il mio arrivo, le recenti relazioni Russo-Turche-, sono pienamente soddisfatta. I miei amici, la mia famiglia, pensano che è da pazzi, ma per me questo ambiente in questo periodo esatto della storia, è estremamente stimolante, in quanto sviluppa il mio pensiero critico verso temi attuali come la democrazia, la libertà di stampa, il terrorismo, il mondo islamico e ancora, la diversità.
Saluti da Ankara 🙂 !

Report II – febbraio 2016
Altri due mesi sono passati e all’incirca un terzo del mio servizio in Turchia è passato.Gli ultimi sessanta giorni hanno messo il turbo. Sarà che ci sono state le feste natalizie (in Turchia rigorosamente non celebrate, ma a cui noi stranieri non abbiamo potuto rinunciare). Sarà che qui di cose, uno dopo l’altra, succedono flusso no-stop.
Prima di tutto, posso annunciare con soddisfazione di aver iniziato il corso di turco. E che corso! Nonostante l’EVS non sia un soggiorno linguistico, tanto da un punto di vista concettuale (lo scopo è fare volontariato, la lingua è solo un mezzo per favorire l’integrazione), quanto uno economico (150 euro in un anno non posso pagare un corso linguistico), io sono fortunata. Difatti, essendo la mia associazione un Comune, gode di un trattamento privilegiato presso l’Università di Ankara, che attualmente da due mesi mi offre 20 ore di lingua turca settimanali a titolo completamente gratuito!
Per quanto riguarda il mio lavoro negli asili, la comunicazione è sicuramente migliorata e col tempo apprendo metodi migliori per proporre attività ai bambini. Tuttavia l’insegnamento di per sé, non mi è molto appagante, e questo è una sorta di problema alquanto rilevante, se si considera che metà del tempo di un EVS dipende dalla propria missione. Così, al di là di crisi varie, ho iniziato a confrontarmi con altri EVS in Ankara e a scoprire una 4 o 5 problematiche abbastanza comuni e diffuse di cui di solito non si viene a conoscenza prima della partenza, tra queste, il fatto che spesso aspettative e lo stato effettivo della missione non corrispondono. Cosa ne ho concluso? Uno: definire tutto prima, non solo obiettivi del progetto, ma anche –e soprattutto-le attività da compiere in dettaglio, nel migliore dei casi con un piano ipotetico della settimana. Secondo: porsi delle domande e darsi uno sprint. La nostra (mia e della nuova volontaria francese): “In che modo è possibile rendere il periodo dell’EVS “valuable” a prescindere o in aggiunta dalla propria organizzazione/missione?” Da qui è nata l’idea di organizzare una serie di eventi per i volontari EVS e facilitare la cooperazione tra organizzazioni no-profit in Ankara:
– Training per diffondere/condividere competenze di volontari e delle NGOs di accoglienza (editing tools, educazione non formale, project management cycle..) e allo stesso tempo promuovere una sorta di network tra associazioni operanti nel territorio;
– Seminari sulla cultura turca (storia turca, rifugiati siriani in Turchia, uguaglianza di genere, diritti delle minoranze..) per facilitare l’integrazione e la comprensione della cultura turca;
– Escursioni fuori città in presidi storici.
Altra novità, finalmente, l’Agenzia Nazionale Turca, dopo all’incirca 6 mesi o più di inattività, ha organizzato un”upon-on-arrival training” ad Istanbul. Per quanto a destinazione, che dire, top! Hotel a cinque stelle a due minuti da Taksim. Incontrare altri volontari è sicuramente un’esperienza interessante. Ma –dannato ma-il training di per sé è non è stato formativo, gli educatori hanno pensato a sviluppare solo i lati positivi dell’EVS senza ascoltare le problematiche dei volontari e l’educazione non-formale ha fallito alla grande. Inoltre, che dire, solo l’idea di mettere ragazzi volontari (alcuni dei quali impegnati con povertà estrema in Ankara o coi rifugiati siriani) in un albergo di lusso, non è già un controsenso in partenza?
Ultimo punto, riguarda il trasloco. Finalmente, con la mia coinquilina francese abbiamo trovato una casa decente in centro città, che condivideremo con un ragazzo turco. Finalmente, le restrizioni di orario e divieto di invitare amici del dormitorio se ne vanno a quel paese. Finalmente, possiamo riappropriarci dei nostri spazi e sentirci a CASA.

Aprile 2016
A questo link, per chi conosce la lingua turca, potete leggere l’articolo scritto da Maria Carla relativo alla sua esperienza SVE presso l’associazione
http://www.cankaya.bel.tr/news/2986/Avrupali-Gencler-Cankayayi-Sevdi/