mercoledì, Aprile 24, 2024
EsperienzeSpagna

Cristina – Spagna – Estremadura (dicembre 2003 – giugno 2004)

nome: Cristina   età : 23
studi: studentessa universitaria
lingue conosciute: inglese e (un po’ di) francese
hobby: trekking e arrampicata sportiva. Leggere, animazione, giocoleria
primo contatto con l’IPE : marzo 2003  partenza dicembre 2003

Il mio progetto si svolgeva all’interno della Casa de Joventud di DON BENITO, BADAJOZ, SPAGNA. Le attività che svolgevo erano (progetto reale, non quello presente nella banca dati):
* Preparare e archiviare i dati di varie tipologie di tessere: carnet joven, carnet reaj, carnet de studiante e carnet de la casa de Joventud
* Preparare al computer cartelli informativi e volantini delle attività della Casa de Joventud e del comune
*  Vigilare la sala computer assegnando i turni di entrata e di uscita e cercando di farli rispettare
*  Aiutare coloro che incontravano difficoltà nell’utilizzo del pc, stampare eventuali materiali a richiesta
*  Vigilare la sala dei giochi ed intrattenermi con i ragazzi e bambini in attesa di entrare nella sala computer.
*  Aiutare eventuali ragazzi che desiderassero accedere alla piccola
biblioteca per effettuare ricerche
*  Accogliere i visitatori della casa de la Joventud, dare informazioni sulle attività e raccogliere le adesioni
*  Organizzare attività ludiche e manuali per bambini e ragazzi (attività che per gran parte del mio progetto non mi è stato possibile svolgere molto spesso a causa dei problemi “tecnici” della Casa de Joventud)
*  Istruire il nuovo personale della Casa de Joventud (subentrato a maggio)

Le mie giornate “lavorative” variavano a seconda delle attività in programma o a seconda della presenza del personale (monitores). Normalmente iniziavo alle 16.00 16.30 (da lunedì a venerdì) aprendo la Casa de Joventud e iniziando ad assegnare i vari turni a coloro che volevano utilizzare i computer. Questa era l’attività costante in tutti i pomeriggi. Se c’erano tessere da preparare o dati da archiviare od altro lavoro d’ufficio (od altre delle incombenze sopra riportate) mi dedicavo a quello oppure mi intrattenevo con ragazzi e bambini nella sala dei giochi a disegnare o giocare oppure in ufficio a parlare a discutere e un po’ ….. ad educare.
Quando potevo preparavo attività manuali per i bambini (talleres) o giochi da svolgere assieme.  La giornata lavorativa terminava alle 21 21.30 con la chiusura dei pc e della Casa de Joventud.

Il tutor prima dell’inizio del progetto non si è dimostrato molto disposto a dare informazioni precise (nonostante io avessi tentato di contattarlo via mail). Non mi ha informato dei cambiamenti insorti, atteggiamento a mio parere non corretto. Durante la mia permanenza ha mantenuto un comportamento a volte disponibile all’ascolto ma più spesso ambiguo, non chiaro.

Il progetto presente nella banca dati non corrispondeva alla realtà (sia per quanto riguarda le attività che per quanto riguarda vitto e alloggio). Il mio tutor non è mai venuto a constatare che cosa io facessi esattamente durante le ore in cui io svolgevo il mio progetto, si è limitato a contatti telefonici con il personale che io affiancavo. Non mi è stata fornita nessuna formazione linguistica.

L’alloggio non corrispondeva alla descrizione presente nella banca dati nè per l’ubicazione nè per la tipologia. Solo pochi giorni prima della partenza me ne è stata data una descrizione sommaria e non esaustiva. L’alloggio presentava molti disagi rilevati da me ma anche da altre volontarie (che hanno abbandonato i loro progetti) che nel tempo sono stati risolti solo in parte. Alloggiavo in una casa in un paesino di 600 abitanti a circa 20 km da Don Benito, luogo in cui svolgevo il mio progetto, e che potevo raggiungere solo in auto. La casa era priva di riscaldamento, molto molto umida (essendo ubicata in una zona di risaie)e fredda. All’inizio dormivamo in 4 ragazze in una piccola stanza con 3 letti a castello, dopodiché alcune volontarie hanno abbandonato il progetto.
Per parecchi mesi non ho potuto utilizzare il bagno interno alla casa ma un bagnetto situato al di fuori dell’abitazione e collegato all’edificio da una tettoia (patio). Ciò, a mio parere, non è positivo per la salute fisica, soprattutto quando fa freddo si desidera farsi una doccia per scaldarsi e non si può utilizzare nemmeno la piccola stufetta elettrica presente per riscaldarsi in quanto l’impianto elettrico antiquato non regge e quindi salta la luce in tutta la casa.
Non elenco ulteriori carenze dell’abitazione fornita ai volontari in quanto l’elenco sarebbe lungo.

Per quanto riguarda l’alimentazione c’è stata un’ulteriore discordanza tra i dati riportati nel progetto e l’effettiva organizzazione per l’acquisto del cibo. Il tutor acquistava il cibo senza tenere molto conto delle varie esigenze e scegliendo prodotti di bassa qualità, scadenti. Per i periodi in cui non ho soggiornato nella casa (ferie) non mi è stato fornito denaro per potermi comunque alimentare (cosa che, come mi è stato riferito nella formazione intermedia, avrebbero dovuto fare).
Mi è stato negato di poter gestire il denaro per l’alimentazione autonomamente, in modo tale da poter scegliere che prodotti comperare (nonostante io fossi rimasta l’unica volontaria nella casa).

All’inizio sono rimasta molto delusa perché “nulla era come avrebbe dovuto essere”. Superata la delusione e lo sconforto iniziali ho trovato modo di inserirmi a pieno nella vita di Don Benito e della Casa de Joventud, mi sono guadagnata i miei spazi ed anche se non ho potuto fare quello che avrei voluto ho trovato modo di rendermi utile (soprattutto con i giovani).
Il progetto, in realtà non è come viene proposto. Purtroppo la Casa de Joventud era un centro in cui le attività non erano già ben avviate, in cui le proposte non erano ancora ben pubblicizzate, in cui non c’era ancora la consuetudine di andare. Ora secondo me per un volontario sarebbe diverso in quanto gli basterebbe inserirsi affiancando un “monitor” nelle attività già presenti e collaudate.
Questo è secondo me un progetto che potrebbe essere molto positivo ma che purtroppo è gestito dalle persone sbagliate e che perciò oggettivamente può sembrare un fallimento. Io considero il mio volontariato duro ma estremamente formativo, mi ha fatto crescere e apprendere e questo è il meglio che potessi chiedere da questa esperienza.

Ci sono motivi per cui lo consiglierei e molti altri per cui non lo farei: lo sconsiglierei a causa del tutor, dell’alloggio e del vitto. Lo sconsiglierei anche a causa del “lavoro”  vero e proprio, anche se secondo me le cose nella Casa de Joventud potrebbero migliorare per i volontari.  Lo sconsiglierei a chi non vuole rimanere deluso (perché quello che si legge non è ciò che si incontrerà).
Lo sconsiglio a chi non ha determinazione e forza di volontà per superare tutte le difficoltà oggettive.
Lo sconsiglierei a tutti coloro che della Spagna conoscono Madrid, Barcellona, la costa e la fiesta, perché secondo me non si accontenterebbero e abituerebbero a vivere nella non così calda e non così movimentata provincia e non ne coglierebbero la bellezza (consiglio che do conoscendo entrambe le realtà).
Lo consiglierei perché la gente di Don Benito si è comportata in una maniera favolosa con me ed è stata per me più che una famiglia. Lo consiglierei perché vivere in una cittadina sperduta nella povera Extremadura è difficile ma secondo me anche formativo a livello personale, linguistico e culturale. Quale modo migliore di incontrare un’altra cultura se non immergendosi in essa vivendo in una città in cui praticamente l’unico straniero ………sei tu (o per lo meno l’unico Italiano)?

Il servizio volontariato europeo è secondo me una grande e bellissima occasione che viene data ai giovani. E’ un modo per crescere incontrando nuove culture, nuova gente, avendo al contempo la possibilità di dare qualche cosa al prossimo.
L’unica cosa che mi sento di criticare è la banca dati: fosse aggiornata (eliminare eventuali progetti annullati, apportare in tempo reale le modifiche ai progetti, …)e soprattutto controllata (corrispondenza progetto/realtà) sarebbe meglio.